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Il sabato sera della civiltà

di Paolo Martini

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6 novembre 2009

Da Maastricht (in fiammingo Maestricht, capoluogo del Limburgo) viene notoriamente il nome del Trattato che nel 1992 ha fatto rinascere l'Europa. L'istituzione dell'Unione nella quale viviamo, la nostra nuova grande Patria, è nata di fatto sulle rive della Mosa. Un lembo all'estremo centro del continente dove i romani fondarono una cittadina destinata ad essere foriera di storia. Questa vocazione che è appena rinnovata a livello olandese: più ancora che l'andazzo consueto di Amsterdam, è stata infatti la situazione quasi emergenziale di Maastricht, soprattutto al sabato sera, a convincere il governo a rivedere la storica posizione di tolleranza nei confronti delle droghe leggere. Ben al di là del disonore di essere diventata di fatto la capitale dell'Unione della Ganja, con la canonica foglia verde seghettata che spunta ormai improbabilmente al centro della bandiera blu stellata, a Maastricht ha pesato il degrado progressivo dei comportamenti di queste irrequiete compagnie giovanili.

È un caso? No, non è un caso se ormai persino Barcellona, che dagli anni Novanta è una sorta di nuova San Francisco del Vecchio continente, ha deciso di tirare il freno bruscamente e d'introdurre norme più severe contro i maleducati: da capitale della tolleranza e delle culture alternative è diventata la prima città dove può costare davvero molto caro persino sputare la cicca per terra. Bene, se questo strano fenomeno di neo-proibizionismo europeo sta prendendo così il sopravvento e dalle colonne di San Lorenzo a Milano, dove ormai fioccano le contravvenzioni da centinaia di euro ai ragazzi la sera, arriva fino all'Olanda e a Barcellona… Se una città come Parigi ha addirittura la sua regolare Brigade des incivilités con 88 agenti che girano per beccare chi fa la pipì per le strade... Se a Londra in molte discoteche perquisiscono chi entra alla ricerca di droga o di coltelli, e il ministro dell'Interno propone persino di sostituire con bicchieri di plastica nei pub il classico Nonick di vetro... Se in certe zone di Berlino vogliono addirittura proibire tassativamente le feste nei parchi... (1)

Ecco, comunque la pensiate su questo fiorire di divieti, su questa svolta indubbiamente reazionaria (nel senso almeno letterale), il fatto certo è che possiamo trovare facilmente tutti, tutti i giorni, tutte le notti, anche solo passeggiando per una nostra città, gli argomenti a favore di chi pensa che la maleducazione sia ormai esageratamente diffusa. «Certo, il degrado delle buone maniere non è uguale in tutta Europa — spiega Valentina D'Urso, psicologa dell'Università di Padova che vive e insegna per metà anno a Monaco di Baviera —: in Germania il livello formale è per lo più ancora alto, c'è molta più disciplina anche tra i giovani».
Ed è facile notare come il problema di questa de-civilizzazione strisciante purtroppo sia evidente sulla scena pubblica e non riguardi dunque solo le nuove generazioni. Ancora, basta sentire come si parla alla televisione, soprattutto nei reality e nei talk show anche politici, o persino nel nuovo genere d'oro dei cosiddetti talent, spettacoli finalizzati a educare e fare emergere le giovani promesse dove l'arcigna prof di una volta è la vecchia signora che dice «c...o» ogni tre parole. «E poi — racconta Benedicta Chiesa, psicologa con studio nel centro di Milano — non è raro affrontare la crisi di ragazzi che hanno scoperto che il padre, dopo la separazione, ha salvato sul cellulare il numero di telefono della madre con etichette tipo "troia"».

La famiglia, la televisione, la scuola, la politica, le città. Quanto è discesa verso il basso ora la nostra "soglia comune di ripugnanza", per dirla con il grande Norbert Elias (2)? Ognuno può cominciare dove vuole a scrivere il suo personale cahier de doléances: ambulanze bloccate nell'indifferenza, vivavoce dei telefonini a palla, strisce pedonali che nessun veicolo rispetta, ciclisti che investono allegramente i passanti, come lamenta il politologo del Corriere della Sera Angelo Panebianco. «Da un punto di vista più oggettivo, bisogna distinguere tra le quattro grandi categorie delle buone maniere contemporanee — spiega ancora Valentina D'Urso —:
«su due piani almeno, l'igiene e la coscienza ecologica, si possono notare grandi progressi. Ma certo, invece, soprattutto a livello etico, oltre che di senso estetico, stiamo andando molto, troppo indietro».

Al punto che, proprio partendo dai comportamenti sociali quotidiani, il priore di una delle nuove comunità monastiche più importanti d'Europa, Enzo Bianchi, prende carta e penna per scrivere che stiamo assistendo, più che allo scontro di civiltà o alla fine della storia, allo scivolamento verso la barbarie diffusa. E se a invocare «un soprassalto di dignità etica e umana» è il monaco mite che pure ha scelto di vivere con la testa al fresco sotto Qiqajon, l'alberello che Dio fece crescere sopra Giona per dargli la gioia del riparo e che dà il nome alla raffinata casa editrice fondata 25 anni fa a Bose...

6 novembre 2009
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